CIVICA RACCOLTA D'ARTE | 10 – Pesenti, Ferrara e la natura naturans
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10 – Pesenti, Ferrara e la natura naturans

 

AUDIOGUIDA:

 

In questa sezione incontriamo l’opera della famiglia dei Pesenti, medolesi e collezionisti d’eccezione che segnarono tutta l’arte della nostra provincia. Domenico è oramai unanimemente riconosciuto come “il padre della pittura mantovana”: i suoi lavori sono intensamente chiaroscurali, raccolti, silenziosi e mantengono toni tenebrosi attraversati da luci metafisiche. Pensiamo, in particolar modo, agli interni di chiese fiorentine che fecero la sua fama e che rimangono ancora oggi tra le più belle creazioni di tutta l’arte mantovana.

Il nipote Vindizio, da sempre al fianco dell’illustre zio e padre spirituale, consacrò la propria vita all’arte e alla ricerca del bello. La vicinanza rassicurante e fortunata con Domenico gli permise la creazione di un periodo artistico intenso e fruttuoso. In questa sezione sono esposte opere assai diverse tra di loro e che possono solamente fungere da suggerimento rispetto alla sua opera. L’olio su tela è una splendida natura morta che sembra allontanare il “memento mori” insito in questa tipologia di rappresentazione. Con il disegno ritroviamo un’atmosfera estremamente intima e silenziosa. Il tratto abbozza una scena di raccoglimento serale, dove una fanciulla, nella calma della propria stanza, ritrova la potenza immaginativa di una lettura che ci rimarrà per sempre sconosciuta. Tra queste opere trova la sua naturale posizione l’imponente busto in gesso patinato dedicato al garibaldino Giovanni Acerbi. Esposto in importanti mostre, questo lavoro che raccoglie in sé tanto l’aspetto celebrativo, quando quello commemorativo, il ritratto pesentiano è un concentrato di ricerca e tradizione. Se lo sguardo rivolto altrove, verso un punto non definito ma che trascende l’immediatezza del dato reale, sembra ribadire il trattamento della ritrattistica ufficiale dell’Ottocento, i tratti fermi ma tendenti ad un’apparente scioglimento si legano ad una ricerca più avanguardistica, dove sembra di sentire echeggiare tanto un Medardo Rosso quanto vaghi tumulti futuristi.

Lasciando l’elegante stanza si incontra la potente opera di Alfredo Filippini, Sacrificio per una vita libera. La terracotta dipinta rappresenta un prezioso dono che il decano degli artisti ferraresi ha voluto fare alla nostra raccolta. L’opera concretizzata in una torsione ascensionale, si muove tra due momenti estremi, liminari: quello di una prigionia e quello di una nascita. Se l’incatenamento del personaggio ci fa correre la memoria verso i Prigioni di Michelangelo, la piccola esistenza a lui adiacente è una speranza illuminate.

La stanza successiva che si apre sulla destra, l’ultima del piano ad accogliere le opere della collezione, propone una vera e propria immersione nel sentimento paesistico mantovano, evidenziando come questo sentimento verso la natura acquisti un fenomeno di movimento, di nascita, in una prospettiva di piena formazione. Partendo dal lavoro così eminentemente “mantovano” di Guido Resmi, incontriamo, successivamente, le opere del suzzarese Angelo Boni, pittore e incisore, culture del frammento naturalistico in una visione ricca, generatrice, materna. Enos Rizzi, castiglionese, rinnova la tradizione del paesaggio mantovano attraverso uno sprofondamento totale, pànico, nella materia vivente. Attraverso questo “indagatore dei confini” giungiamo qui agli ultimi istmi del figurativo, là dove il dato riconoscibile si scioglie nella stratificazione dei colori, trama che mantiene l’opera sul limitare della forma.